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Con grandissimo piacere oggi ospitiamo su Mai Dire Calcio uno dei migliori giornalisti sportivi del panorama nazionale e internazionale, giornalista de “La Gazzetta dello Sport”, grande esperto di calcio estero e unico giurato italiano del Pallone d’Oro. Per la rubrica “Una birra con…” abbiamo intervistato il grandissimo Paolo Condò.

Come giudica il biennio di Conte? Per andare fino in fondo in Champions, e ridurre il gap con le altre squadre europee di cosa c’è bisogno?
Il giudizio di Conte è molto positivo naturalmente: ha vinto praticamente due scudetti e mi piace quando la squadra ha una forma molto precisa: è quello che io cerco sempre da un allenatore, non guardo a un solo modo di giocare. La Juventus è stata molto coerente in questo. Mancano due grandi attaccanti; in estate arriverà Llorente, ma andrà preso qualcun altro. Al momento sul mercato il calciatore che comprerei è Suarez del Liverpool. Con l’attaccante uruguaiano le cose miglioreranno sicuramente. Per quanto riguardo l’Europa, andrebbe fatta una riflessione sul modo di giocare perché tutte le grandi squadre europee giocano con quattro difensori: in realtà due centrali puramente difensori, invece la Juve ne ha uno in più e quindi gli manca un giocatore da altre parti. Proverei al posto di Conte a cambiare qualcosina. Quella difesa con quei tre calciatori funziona molto bene nel campionato italiano, in Europa manca un uomo e quindi proverei a fare qualcosa in più.

Il 3-5-2 è da bocciare in Europa?
Direi proprio di sì…proverei qualcosa di diverso che passa per la difesa a quattro. Si può difendere a tre in determinati momenti della partita. Programmaticamente, se andiamo a vedere tutte le grandi squadre europee giocano con quattro difensori.

Mazzarri avrebbe potuto fare di più con questa rosa, anche in ottica Europa, dopo la cocente sconfitta con il Viktoria Plzen, avrebbe potuto osare di più il mister di San Vincenzo?
Sicuramente sì perché il Napoli ha l’attaccante più forte del campionato, Edinson Cavani. E’ stata un po’ sottovalutata la cessione di Lavezzi, che era un uomo fondamentale nella strategia di gioco del Napoli perché era l’uomo che rovesciava il fronte. Il Napoli gioca un contropiede, anche se Mazzarri non ama sentirselo dire. E giocando in contropiede, un attaccante particolarmente veloce come l’argentino, era perfetto per quel tipo di calcio. In generale, comunque penso che arrivare secondi, come credo che farà, porterà gli azzurri a disputare di nuovo una grande Champions League. Il Napoli inoltre ha rinforzato la difesa rispetto al passato: Britos è molto bravo ed è stato un grosso acquisto per la retroguardia partenopea; ha rinnovato il centrocampo con gente tipo Behrami e Dzemaili, che è venuto fuori in questo scorcio finale ma anche lui è molto bravo. Penso che il Napoli debba, da una parte provare a trattenere Cavani che non sarà facile, dall’altra trovare un giocatore che possa surrogare Lavezzi. Sanchez sarebbe l’uomo ideale.

Meglio trattenere Cavani o Mazzarri?
Senza ombra di dubbio direi Cavani. Mazzarri è un ottimo allenatore, ma in giro ci sono molti bravi allenatori come il tecnico toscano. Centravanti come l’uruguaiano invece sono piuttosto rari.

Come giudica il lavoro di Andreazzoli? Zeman poteva fare meglio o peggio?
Zeman ha definitivamente dimostrato quest’anno di essere un allenatore più adatto a squadre giovani rispetto a compagini che ambiscono a vincere uno scudetto. Andreazzoli ha lavorato bene, rimettendo un pò più di logica dentro a tante cose. Era del tutto illogico far giocare Goicoechea e non Stekelenburg, è bastato rimettere il portiere olandese perché di goal stupidi la Roma non ne prendesse più. Sono ovvie scelte di buon senso. Gli allenatori che arrivano dopo Zeman fanno sempre la figura degli uomini di buon senso perché rimettono a posto alcune cose, come anche ciascuno di noi le avrebbe fatte, pur amando il gioco del boemo. Mi rattrista il suo fallimento perché a Zeman sono legati tanti pomeriggi divertenti passati allo stadio. Andreazzoli ha fatto la sua parte dignitosamente, ora la società dovrà decidere se confermarlo oppure cercare un nuovo mister, rimettendo l’attuale allenatore nei ranghi tecnici della società.

La Fiorentina di Montella sembra possa puntare all’Europa League. Il suo gioco può ricordare quello del Barcellona di Guardiola?
Il Barcellona ha un tipo di gioco che non esiste da nessun altra parte del mondo. Il punto di contatto tra la Fiorentina e il Barcellona è quello di utilizzare la tecnica. Montella non si è lasciato catturare da quello che è il pensiero comune del calcio italiano, quello secondo cui in una squadra ci deve essere un tot numero di giocatori tecnicamente bravi e l’equivalente numero di scarponi, che corrono e picchiano e fanno legna. Il tecnico napoletano ha seguito la lezione dei catalani cercando di mettere assieme anche undici calciatori, tutti dotati di piedi buoni, scommettendo sul fatto che tu puoi essere un atleta anche se hai i piedi buoni. In Italia siamo sempre portati a dividere nettamente a dividere le due cose: l’artista e il faticatore. All’estero invece ci sono tanti artisti-faticatori, allo stesso tempo. Questa è una delle ragioni per cui nelle coppe non stiamo andando benissimo. E’ una questione culturale. Montella, così facendo, ha avuto successo. Il successo della Fiorentina di Montella è, in assoluto, la notizia più bella del calcio italiano. Il calcio più è bello quanto più sono bravi tecnicamente i giocatori. Meno scarponi hai campo, più è divertente.

Chi vede favorito per il posto in Europa League?
Se i posti sono due, più la finalista di Coppa Italia, direi che Fiorentina, Roma e Lazio hanno qualcosa in più dell’Inter. Se i nerazzurri potessero scegliere, rifiuterebbero il posto in Europa League.

Il Barcellona di Vilanova, soprattutto in campo europeo, sembra fatichi di più a portare a casa il risultato. Quali sono le differenze con quello di Guardiola?
Dovendo individuare una grande caratteristica tattica del Barcellona è quella che la fase di possesso palla e la fase di recupero della palla, una volta persa, sono la stessa cosa. Loro giocano con un sistema di distanze tra i giocatori, che fa si che nella zona della palla siano sempre in superiorità numerica rispetto agli avversi. Ciò permette di fare un pressing feroce fin dall’inizio appena perdono la palla, e di recuperare il 90% dei palloni persi nei primi due-tre secondi. Questo è fondamentale perché se l’avversario riesce a tenere il pallone qualche secondo in più può liberare un uomo, dato che nel contrattacco del pressing (due o tre giocatori sopra un avversario) ci sono uno/due compagni dell’avversario liberi. Se la palla arriva ad uno di questi può impostare il contropiede. Se recuperi subito palla, in questo senso le posizioni del Barcellona sono ferree, ti difendi al limite dell’area di rigore degli avversari. Questo con Guardiola avveniva in maniera sistematica, invece con Vilanova si è un po’ allentata questa ferocia nel recuperare la sfera. Così facendo, sono stati possibili più contropiedi. Inoltre, la difesa è rimasta più esposta: quando c’era il buon Abidal, i catalani avevano il terzino destro che è un salitore puro come Dani Alves e a sinistra Abidal, che è un buon difensore oltre a salire sulla fascia. Adesso invece hanno due salitori puri perché anche Jordi Alba è un pirata che va all’arrembaggio, e così hanno perso un difensore, rimanendo solo con due centrali. Puyol, il più veloce, ormai non gioca quasi mai perché è vecchio e acciaccato e questo sono stati i problemi del Barcellona in questa stagione.

Guardiola al Bayern Monaco: pensa possa ripetere di quanto di buono abbia fatto a Barcellona?
Sì, penso di sì. Partendo dal presupposto che il Bayern ha già vinto in campionato, è in finale in Coppa di Germania, in semifinale di Champions e ha un’età media giovane, è chiaro che si tratta di una squadra dal grande presente e dal grandissimo futuro. Addirittura, Guardiola arriva in una squadra che apparentemente non ha bisogno di lui. Questa sarà una sfida in più per Pep, quella di riuscire a migliorare un top team già così messo bene. Non dimentichiamo che Guardiola si siederà su una panchina sulla quale tre anni c’era il colonnello Van Gaal, quindi già con la semina tattica del calcio olandese, simile a quello del calcio catalano. Prima dell’arrivo di Guardiola al Barcellona non a caso c’era stato sempre Van Gaal in Catalogna. Guardiola arriva in una società ricca, con un ottimo vivaio e con un’ottima rosa e con una possibilità di spesa senza eguali, non posseduta da un miliardario russo o arabo. Sono convinto che farà molto bene.

La Liga, a suo avviso, non è diventato un campionato alquanto noioso con le sole Barcellona e Real Madrid a combattere per il primato? E cosa può risollevare il prestigio di questo campionato?
Beh, è vero. Proprio oggi leggevo la notizia che vogliono portare i diritti TV ad essere trattati collettivamente e non individualmente. Sarebbe una maniera per dare fiducia al campionato, ma tale situazione non è tipica solamente del campionato spagnolo, tutti i principali tornei calcistici europei sono stati decisi con molto anticipo. C’è da evitare che Real Madrid e Barcellona incassino cento volte di più rispetto ad altre società più bisognose di introiti. Questo sarebbe certamente un primo passo verso la riapertura di un campionato che storicamente assegna 9 scudetti su 10 a Real Madrid o Barcellona.

Chi vede come favorita alla vittoria finale in Champions?
Non c’è una favorita quando si arriva in semifinale. Ci sono quattro squadre splendide, ciascuna con i propri punti di forza e con ben pochi punti deboli. Apparentemente il Borussia Dortmund dovrebbe essere la meno favorita del lotto, ma solo perché si tratta di una sorta di outsider, visto che l’ultimo successo continentale dei gialloneri è datato 1997, ma se andiamo a vedere nel girone ha battuto il Real Madrid e forse è la squadra che gioca il calcio più divertente. Non saprei dire, il Bayern è uscito meglio dai quarti perché aveva un’avversaria più seria, che era la Juventus. Ci sono delle indicazione e controindicazioni per tutte e quattro.

Ha seguito da vicino la Coppa d’Africa, qualche nome già pronto per l’Europa?
Ci sono già calciatori che giocano in Europa che sono bravi. Poi nella Nigeria, che ha vinto la Coppa, c’era Mba che ha segnato in finale, è un eccellente mezz’ala. Ho notato inoltre un paio di difensori validi, ma in generale non ho visto i nuovi Drogba ed Essien. Il livello medio si è alzato, ma i vertici della scorsa generazione ancora non si sono rivelati. Mi aveva parlato molto bene di Atsu del Ghana, che gioca già nel Porto. Un esterno molto veloce, ma francamente non l’ho visto ancora pronto.

Quanto è difficile fare il giornalista oggi, quanto conta frequentare master, scuole di giornalismo o affini? Quanto incide internet sulla professione giornalistica?
Non sono domande facili perché io sono stato un gran privilegiato. Per grande fortuna, la mia professione l’ho vissuta in un grande giornale. Un giornale, che ha avuto sempre la possibilità di mandare i suoi giornalisti in giro per il mondo. Il mio è sempre il giornalismo di primo piano. Vado a vedere le cose, non devo cercarle su internet. Alla Coppa d’Africa ero l’unico italiano, per esempio. Di questi tempi è sempre regolare che io sia l’unico italiano dovunque vada. Io seguo le partite del campionato estero, non le partite del campionato italiano. Trovo molto freelancers, in Sudafrica mi è successo, è sempre più difficile essere assunti dai giornali o dai media tradizionali, e poi anche se vieni preso passi il tempo in redazione tra la scartoffie varie invece di andare in giro. I giovani praticanti oggigiorno preferiscono il precariato. In questo senso, prima non c’erano ma ora i freelancers sbucano come funghi. Invece all’estero c’è sempre stata questa tradizione: quando Beckham è andato a giocare al Real Madrid, ci sono stati decine di ragazzi inglesi che solo per lui sono andati a vivere a Madrid, perché sapevano che Beckham è un prodotto che viene sempre venduto. Se io fossi un ragazzo che volesse intraprendere la professione giornalistica me ne andrei a stare in Brasile. Tra Confederations, Mondiali e Olimpiadi, nei prossimi anni ci sarà bisogno di giornali, tv, siti, media…la professione giornalistica si sta evolvendo in questo senso.

 

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita alla SEO non posso più farne a meno

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