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Ianis Hagi si allena e stupisce con la Fiorentina: convincere Paulo Sousa e l’esame Serie A gli obiettivi del figlio di Gheorghe.

Papà rientrava a casa stanco dopo aver guidato gli allenamenti della sua squadra e il piccolo Ianis lo attendeva con ansia per ascoltare il resoconto della sua giornata. Capitava spesso, però, che la voce del padre iniziasse a narrare di emozioni passate, racconti di vita vissuta ai tempi del calcio giocato, ai tempi in cui papà scendeva in campo per creare magia: un colpo di tacco smarcante, un assist vincente, un tiro ad effetto, un gol da incorniciare, quella pazzia e la vena ribelle tipica del numero dieci. Il piccolo Ianis era sempre lì, seduto a terra ai piedi di quell’omone, che poi tanto grosso non era, con gli occhi sgranati e la bocca aperta, intento ad ascoltare i racconti di papà Gheorghe. Il Maradona dei Carpazi, Hagi. Intanto cresceva in lui la voglia di rapportarsi a quel mondo, di viverlo da vicino, non solo attraverso ricordi e racconti. Allora ecco le prime scarpette, una divisa tutta sua, un pallone e via a tirare i primi calci nel giardino di casa, prima di passare sui campi da gioco, quelli veri. Prime emozioni e lividi sulle gambe, prime gioie e pianti strozzati in gola per un gol sbagliato.Di sera, dopo i racconti di papà Gheorghe, Ianis segretamente tirava via scatoloni dagli scaffali impolverati di un ripostiglio, dove erano conservati gli “attrezzi del mestiere” di papà, afferrava delicatamente un paio di scarpette e restava lì ad osservarle: sfiorava con tocco delicato quegli scarpini, alcuni ancora pieni zeppi di ciuffi d’erba. Un privilegio per pochi. Per i figli d’arte. Li osservava, immaginava, si chiedeva cosa fosse stato realmente papà Gheorghe per il calcio mondiale, cosa fosse stato Hagi per la Romania. Domande sul suo futuro, su una passione che stava diventando più grande di lui. Lo faceva dopo ogni suo allenamento, di nascosto, prima di cena. Sognando ad occhi aperti di emulare le gesta di papà. La passione per il calcio che stava diventando più grande di lui, insieme al talento, che cresceva ogni giorno di più.

Hagi, il figlio d’arte

Cinque anni all’Academia Gheorghe Hagi, la squadra giovanile del Viitorul Costanza, poi l’esordio in prima squadra a soli 15 anni, nel 2014. Due annate nel club rumeno, poi un comunicato che gli cambia la vita: “ACF Fiorentina comunica di aver esercitato l’opzione per l’acquisizione a titolo definitivo del diritto alle prestazioni sportive del calciatore Ianis Hagi, centrocampista rumeno, dall’FC Viitorul”. E’ nato ad Istanbul quasi 18 anni fa Ianis, per caso, papà incantava e vinceva nel Galatasaray a quei tempi, pochi anni dopo è arrivato il definitivo addio al calcio giocato. Caratteristiche diverse da papà Gheorghe, tutto estro e fantasia, un numero dieci con movimenti da regista: Ianis è ambidestro, longilineo, buona gamba e freschezza atletica, trequartista o anche mezz’ala. “Mio figlio diventerà più forte di me. Alla sua età non ero così bravo”, racconta fiero papà Hagi. E se lo dice il Maradona dei Carpazi, bisogna crederci. Sin dai primi allenamenti con la maglia viola della Fiorentina addosso, Ianis si è allenato e ha regalato al pubblico sprazzi di classe, donati qua e là in giro per il campo. Il talento c’è, funziona ancora ad intermittenza, ma il DNA non tradisce: Moena, amichevole Fiorentina-Trapani, minuto 6′ della ripresa, Zarate passa la sfera a Ianis, il ragazzino la restituisce di prima con un colpo di tacco all’argentino, che in pallonetto fissa il risultato sul 2-1. Non avrà ancora il fisico, ma la classe si vede.

Un cognome importante e un sogno da realizzare

Tale padre, tale figlio. Anche ai microfoni della stampa, dove il viso da ragazzino tradisce l’apparente sicurezza palesata al pubblico viola. Le idee però sono ben chiare: “Mi ispiro a mio padre, mi piacerebbe avere la sua stessa ambizione, anche se in realtà vorrei avere tutte le sue caratteristiche. Sono abituato a convivere con la pressione del mio cognome, non mi spaventa. Sono pronto per il campionato italiano”. Sempre in campo in tutte le amichevoli disputate a Moena, Paulo Sousa lo osserva e lo studia, la Primavera potrebbe stargli stretta, la prima squadra e la Serie A un passo importante da compiere. Una sfida difficile da affrontare, ma intrigante per tutti. Ianis intanto si allena e migliora, carpisce dettami tutti nuovi e osserva i più grandi. Di sera, nella sua nuova camera, con la maglia della Fiorentina addosso, ascolta ancora i racconti di papà Gheorghe, seppur attraverso un telefono: si siede ancora a terra, con gli occhi meno sgranati di un tempo, ma con la solita attenzione. La borsa è lì vicino, tira fuori un paio di scarpini, questa volta sono i suoi: li sfiora con la stessa leggerezza con la quale accarezzava quelli di papà. E intanto sogna.

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita alla SEO non posso più farne a meno

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