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Quella di Mattia De Sciglio era una storia che avrebbe avuto tutti i presupposti per ricalcare quelle dei più grandi capitani del Milan. Un ragazzo pulito, dal volto rassicurante, che ha fatto tutta la trafila delle giovanili e ha esordito in giovane età con grandissimi risultati. Eppure qualcosa in questi anni è andato storto, perchè De Sciglio nel cuore dei tifosi rossoneri non è mai entrato fino in fondo e, da designato capitano del futuro, si è ritrovato con i bagagli in mano per lasciare il club che lo ha cresciuto, formato, lanciato. Le indiscrezioni dei mesi scorsi sul mancato rinnovo suonavano già come una sentenza – in questo caso definitiva – sulla carriera milanista di De Sciglio, il passaggio in rossonero di Leonardo Bonucci ha dato l’ultima spinta al terzino azzurro. Del resto piazzare De Sciglio non è mai stato un problema per il Milan, come anche ricavare dalla sua cessione un discreto gruzzolo: i terzini sono gioielli rari sul mercato pallonaro e le offerte non scarseggiano. La prima, una volta definita la permanenza di Allegri, è stata ovviamente quella della Juventus. Tornare sotto l’egida del tecnico che l’ha lanciato nel grande calcio quasi 6 anni fa, potrebbe ringalluzzire un De Sciglio che forse, più di ogni discorso tecnico, a Milano ha sofferto il peso delle aspettative che lui stesso si è autoimposto dopo aver incantato agli esordi.

Mattia De Sciglio: un problema di testa, anzi di cuore

Chi ha visto crescere De Sciglio nelle giovanili del Milan non ha mai pensato che al ragazzo, seppur pacato e silenzioso, mancassero carattere e personalità.

Tra i Giovanissimi Nazionali era il Franco Baresi in campo, non parlava molto ma era un leader e tutti lo ascoltavano – Stefano Eranio, 2014

E in effetti la baldanza con cui ha gestito mostri sacri come Maicon e Zanetti durante il suo primo derby è tipica di chi ha qualcosa di speciale.

Il primo De Sciglio ha incantato tanto San Siro quanto gli addetti ai lavori, sicuri di essere di fronte all’erede di Paolo Maldini. Storicamente l’appellativo di “nuovo …” porta poca fortuna, ma nel caso di De Sciglio la causa della lenta ma costante involuzione è da ricercare non nella sua testa ma nel suo cuore. A frenare significativamente lo sviluppo di uno dei giovani più promettenti del calcio italiano -e non solo – non sono state le pressioni determinate dalle aspettative di tifosi e giornalisti, ma piuttosto il rapporto viscerale del ragazzo con la maglia rossonera. L’impressione è che De Sciglio sia schiacciato dal peso di una responsabilità – eccessiva – che nella sua testa ha coraggiosamente deciso di assumersi: quella del lento declino del Milan. Mattia De Sciglio ha avuto la fortuna di esordire in un Milan ricco di campioni e di giocatori che nella decade precedente avevano scritto pagine indelebili della storia rossonera. Ma anche la sfortuna di avere i riflettori puntati addosso proprio nel momento in cui chi doveva guidarlo lungo la strada che porta alla gloria, si è fatto da parte. Il primo anno senza senatori è andato bene, ma con il successivo addio di Allegri, De Sciglio si è ritrovato ad assumere il ruolo di ultimo baluardo di un Milan che non c’era più. Il punto è che non era necessario immolarsi psicologicamente per una causa persa: ma è difficile spiegare una cosa del genere a chi ama la maglia prima ancora del gioco stesso. La prova che il problema stia tutto nella testa, anzi nel cuore del giocatore è il rendimento diametralmente opposto offerto con la maglia della Nazionale. Perso lo slancio d’incoscienza tipico del debuttante, la paura di sbagliare con indosso la maglia del Milan lo ha portato spesso e volentieri a commettere errori da dilettante. E’ sufficiente fare un piccolo sforzo mnemonico per capirlo: in questi anni De Sciglio raramente ha smesso di trovarsi nel posto giusto al momento giusto, semplicemente l’indecisione sul da farsi lo ha portato più spesso a prendere la decisione sbagliata.

© Contra-Ataque.it

Se De Sciglio avesse fatto il centrale…

Ad accentuare il calo prepotente di De Sciglio ha contribuito sicuramente la sua posizione in campo. Nel calcio moderno l’esterno di difesa necessita di mente sgombra e spavalderia per offendere con decisione e per contenere senza affanni. Mattia De Sciglio non è mai stato un grande terzino di spinta, neanche nelle giornate migliori. Figurarsi nei momenti bui, quando anche uscire con la fidanzata gli sembrava un tradimento nei confronti del Diavolo. Del numero 2 rossonero semmai sono sempre state apprezzate doti quali il senso della posizione e la velocità: la seconda è un dono di madre natura, ma la prima è un retaggio del suo passato da difensore centrale nelle giovanili milaniste. In molti, negli anni, hanno auspicato per De Sciglio un futuro da leader della retroguardia.

Personalmente, in mezzo, schiererei De Sciglio, che in quella posizione ha già giocato ai tempi della Primavera. Potrebbe diventare il difensore centrale rossonero del futuro – Giovanni Lodetti, 2013

Il fatto che ogni allenatore lo abbia dirottato in continuazione da destra a sinistra e viceversa non ha certo diminuito la confusione nella testa del ragazzo, ma l’impressione è che mentre tutti quanti dibattevano sulla corsia lungo la quale offriva il miglior rendimento, un avvenire da difensore centrale sarebbe potuto essere il migliore. Con le spalle maggiormente coperte forse avrebbe superato con meno affanni i periodi difficili, tra infortuni e prestazioni non all’altezza. Allegri lo schierò centrale solo in situazione d’emergenza, ma non è da escludere che se fosse rimasto al Milan lo avrebbe lanciato definitivamente in quel ruolo. Dopo la dipartita dell’attuale mister della Juventus a nessuno prima di Montella è più venuta l’idea che nell’eterno dibattito tra destra e sinistra la soluzione si trovasse nel mezzo. In medio stat virtus, e infatti il tecnico campano in questa stagione ha elevato il livello di gioco di De Sciglio proprio trasformandolo in una sorta di “ibrido”: non ha il fisico per giocare in una coppia centrale? Eccolo allora all’opera nel ruolo di terzo di sinistra, posizione ideale per mettere in risalto la sua velocità, la sua buona tecnica di base e la sua capacità di anticipare l’avversario. Il tutto con le spalle maggiormente coperte dalla coppia centrale.

Fonte: ultimouomo.com

Il lavoro svolto da Montella sarebbe potuto risultare decisivo per rigenerare De Sciglio e consentirgli una rinascita milanista in grande stile, da leader di una squadra che sembra finalmente avere un progetto tecnico per gli anni a venire. Ma allo stesso tempo ha reso il giocatore appetibile a qualsiasi teorico del pallone. Un giocatore “ibrido” per allenatori dai sistemi di gioco “ibridi”. Da Guardiola a Sampaoli, in Europa la lotta per arrivare ad un De Sciglio in scadenza di contratto sarebbe stata senza alcun dubbio serrata: ma alla fine il pupillo di allegri ha deciso di non credere nel nuovo Milan e di tornare dal suo mentore.


Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita alla SEO non posso più farne a meno

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