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Sconfitto ancora una volta e nel pieno di un momento davvero tremendo. Il suo Sassuolo è a ridosso della zona retrocessione e ha perso 4 delle ultime 5 partite. Roberto De Zerbi non indietreggia di un millimetro e continua a volersi trincerare, nonostante tutto, dietro il suo credo calcistico. “Questa squadra deve giocare sempre. È costruita per giocare sempre. Tutti vogliamo i risultati ma dobbiamo scegliere la strada da prendere, io ho scelto quale. Ho detto prima allo staff che abbiamo mille giustificazioni, gli infortuni, ma voglio morire giocando.

DE ZERBI: “SE DEVO MORIRE, VOGLIO GIOCARE LA PARTITA”

Se prendiamo gol è colpa mia. Se la teniamo molto è colpa mia ma devono rispettare la loro storia e del Sassuolo. Io non baratto nulla. A Verona capivo la situazione ma quando si può giocare, si deve giocare sempre, a costo di perdere ma bisogna giocare sempre, poi vediamo il resto”, ha spiegato il tecnico a Sky dopo il ko contro la Fiorentina. Ammirevole, idealista, quasi visionario. Ma Roberto De Zerbi, uomo di calcio (e che il calcio lo mastica già da un po’) deve comprendere che, al di là del gioco, quello che conta e conterà sempre più di tutto è il risultato.

La lunga strada scelta da De Zerbi

La strada scelta da De Zerbi, diciamolo subito, sicuramente è quella più difficile. Perchè nel Paese dell’accoppiata difesa&contropiede vincere proponendo un calcio di alto livello è già un’impresa abnorme. Vincere, però. Purtroppo, giocare bene senza portare a casa risultati raramente ha regalato gloria. La storia di Maurizio Sarri al Napoli non inganni, perché si tratta della classica eccezione alla regola. Lo sanno bene i vari Giampaolo, Di Francesco e Andreazzoli, tecnici riconosciuti per la loro volontà di creare un gioco offensivo e bello da vedere. Attualmente sono stati esonerati e chissà quando ritroveranno una panchina (peraltro dopo risultati solo parzialmente positivi ottenuti in carriera). Per non iscriversi a questo illustre club, De Zerbi dovrà essere in grado di compiere un’altra scelta importante. Fare qualche passo indietro per decidere davvero che tipo di allenatore vuole diventare.

L’adattamento mancato

Qualora non lo facesse, il suo lavoro non andrebbe a perdere valore rispetto a quello degli altri, ovviamente. Nel calcio, però, la qualità principale è sempre stata l’adattamento. Chi ha peccato di darwinismo, non ce l’ha fatta. Inutile dire, dunque, che l’ex tecnico di Foggia e Benevento si trova già a un bivio della sua carriera da tecnico. Una carriera che può seguire le linee guida – forse fallaci – dell’idealismo o che, con maggiore realismo, potrebbe perdere spettacolarità per ambire a posizioni più importanti. Perché il calcio professionistico non è quello giovanile. Il risultato è il faro principale. Roberto De Zerbi è una persona intelligente, lo capirà (in realtà lo ha già capito). Forse, però, fa fatica ad accettarlo. Tutto pur di inseguire un sogno che per adesso ha assunto i contorni di una favola d’utopia.

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita alla SEO non posso più farne a meno

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