Flee è uno dei film più attesi degli Oscar 2022, che vedrà la pellicola in corsa per tre categorie. Le nomination sono per il miglior film d’animazione, il miglior documentario e il miglior film internazionale. È l’unica pellicola ad aver ottenuto tutte e tre queste nomination nella storia degli Academy Awards.
Alla base di Flee vi è una storia vera che era necessario raccontare. Jonas Poher Rasmussen lo ha fatto in maniera eccellente con il suo Flee, che sfrutta l’animazione per riuscire a far giungere il messaggio ultimo della sua opera a più persone possibili. È tra i favoriti agli Oscar 2022.
Flee, trama e cast
Flee racconta la storia di Amin, un uomo costretto a fuggire dalla propria terra, Kabul, quando era giovanissimo. Ha trovato al tempo rifugio a Copenaghen e oggi, che ha 36 anni, è un accademico affermato sul punto di sposarsi ma nasconde il proprio passato da rifugiato. Nessuno sa chi è realmente, neanche il suo fidanzato. Ha messo su un castello di menzogne, che rischia di crollare da un momento all’altro. Dopo anni, però, per la prima volta Amin decide di raccontare la sua storia.
L’odissea giovanile vissuta, che ancora lo tormenta, necessita d’essere condivisa con qualcuno. Sceglie il suo migliore amico, comprendendo che per conquistare il futuro tanto agognato, deve prima confrontarsi con le ferite aperte del suo passato.
Ecco il cast di Flee:
- Amin Nawabi: sè stesso
- Daniel Karimyar: Amin bambin
- Fardin Mijdzadeh: Amin adolescente
- Jonas Poher Rasmussen: regista
- Belal Faiz: Saif
- Milad Eskandari: Saif bambino
- Zahra Mehrwarz: Fahima
- Elaha Faiz: Elaha
- Sadia Faiz: Sabia
Flee, storia vera
Flee è un film d’animazione, documentario, che lascia decisamente il segno. È incentrato sulla storia vera di Amin, che vive sereno una seconda esistenza in Danimarca, dopo essere fuggito da Kabul quando era molto giovane. Quella sua prima vita lo ha segnato nel profondo e di quei ricordi drammatici non si è mai liberato.
Ha 36 anni ed è tempo di fare i conti con l’inferno della guerra che aleggia nei suoi ricordi, così come i tormenti della discriminazione. Se la storia è vera, non lo è il nome del protagonista, Amin Nawabi. Si tratta di uno pseudonimo. Il regista Jonas Poher Rasmussen lo ha incontrato negli anni ’90 ed è lui l’amico che ha ricevuto questa speciale confidenza. Dopo 20 anni di legame, Amin ha accettato di raccontarsi. Le loro lunghe interviste sono state poi trasformate nel film d’animazione in corsa agli Oscar.
Costretto a fuggire dall’Afghanistan in guerra, sotto la minaccia dei talebani, Amin fugge con sua madre e i suoi fratelli e sorelle in Russia. Il padre è invece defunto. La vita è però più che dura e, casa dopo casa, vengono costantemente cacciati. Sono costretti a rinchiudersi per anni in un appartamento, essendo profughi senza documenti.
Provano più volte a fuggire, sfruttando canali illegali, entrando in contatto con trafficanti di esseri umani. Provano il dramma dei disperati viaggi in mare e nei container e, in tutto ciò, Amin cova un segreto nel cuore che è incapace di confessare. È omosessuale e, pur essendone consapevole, non riesce a parlarne. Viene da un paese in cui non esiste neanche un termine per l’omosessualità. Questa non esiste e riuscire ad accettarsi e aprirsi, con tali traumi ben radicati, è tutt’altro che facile.
Separato dai propri cari, si ritrova in Danimarca in totale solitudine. Cancella il suo passato e mente sulla propria famiglia. Ritrova poi sorelle e fratello maggiore in Svezia. Una storia drammatica ma a lieto fine, anche perché Amin trova l’amore di un compagno gentile che diventerà suo marito. Il suo viaggio infernale è raccontato dalla voce del protagonista, che travolge lo spettatore e lo sconvolge nel profondo.
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