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Morto Sinisa Mihajlovic, 53 anni: dalle origini all’addio al calcio, chi era e che carriera ha avuto. Tanti i trofei, le battaglie e le punizioni da sogno

La notizia della morte di Sinisa Mihajlovic, 53 anni, ha travolto il mondo dello sport, un lutto non solo in Italia. Una leggenda che non ha mai smesso di lottare, in campo, in panchina e in ospedale, dove ha trascorso lunghi periodi negli ultimi anni. Non si è mai fatto domare dalla malattia, rialzandosi costantemente e fronteggiandola a testa alta. L’ultima apparizione di Sinisa Mihajlovic risale a 10 giorni fa, circa, in occasione della presentazione del libro di Zdenek Zeman. L’aggravarsi delle sue condizioni di salute lo ha poi costretto a un nuovo ricovero. I tifosi erano in forte stato d’apprensione da giorni, soprattutto dopo il messaggio lanciato su Twitter da Clemente Mimum, che con un semplice “Forza Sinisa” ha voluto far sentire la propria vicinanza e, al tempo stesso, sottolineare come fosse in corso una lotta per la vita per Mihajlovic. La causa della morte di Sinisa Mihajlovic è una malattia tristemente nota e ne parleremo approfonditamente in seguito perché è doveroso ricordare le origini e chi è stato il grande Sinisa Mihajlovic come calciatore e allenatore.

Dalla vita di Sinisa Mihajlovic si potrebbe trarre un film, e non è detto che ciò non avvenga. Nato il 20 febbraio 1969 a Vukovar, è cresciuto a Borovo, poco distante. Luoghi facenti parte, all’epoca, della Jugoslavia. Un misto di culture nel suo sangue, con madre croata e padre serbo. Un’infanzia tutt’altro che semplice, che ha di certo formato il suo carattere duro e combattivo. Tanto aggressivo in campo quanto dolce in famiglia. Legatissimo a sua moglie e ai suoi figli. Ha trovato l’amore nel 1995, tre anni dopo il suo esordio in serie A con la maglia della Roma. Al suo fianco Arianna Rapaccioni, un tempo soubrette televisiva, divenuta ufficialmente sua moglie nel 2005. Da lei ha avuto cinque figli: Viktorija, Virginia, Miroslav, Dusan e Nicholas. Il primogenito si chiama però Marko, nato da una precedente relazione finita male. I due si sono incontrati per la prima volta soltanto nel 2005. Un talento unico e, al tempo stesso, un protagonista del calcio moderno spesso al centro di polemiche. Aveva mosso i primi passi da calciatore proprio Borovo, squadra della città in cui era cresciuto. Dopo la Vojvodina, il grande salto nel 1990 nella Stella Rossa. Una squadra di fenomeni, che riuscì a vincere la Coppa dei Campioni. Una vetrina di grande importanza, a dir poco, con la Roma che non si fece sfuggire l’occasione, aprendogli le porte della serie A nel 1992. In breve questa diventa la sua seconda casa.

Lascia il segno ovunque va, passando alla Sampdoria e poi alla Lazio, per concludere infine la carriera all’Inter. La sua bacheca è ricchissima, con 3 campionati nazionali con la Vojvodina e la Stella Rossa, due scudetti con Lazio e Inter, 4 Coppe Italia con biancocelesti e nerazzurri e ancora, tra le due, 3 Supercoppe. Oltre alla già citata Coppa dei Campioni, ha vantato anche il trionfo nell’Intercontinentale. Spazio poi a una Coppa delle Coppe e una Supercoppa europea, ancora con la Lazio. È stato al fianco dell’amico Roberto Mancini come vice allenatore. Ha così mosso i primi passi in panchina, dopo l’addio al calcio giocato. È poi passato al Bologna, che lo ha visto esordire come tecnico in prima e che, molti anni dopo, lo ha di fatto accompagnato nell’ultima sua avventura. Nel mezzo Catania, Fiorentina, Serbia, Sampdoria, Milan e Torino. Indimenticabile la sua grinta, la qualità del suo tiro e quelle punizioni che in tanti hanno fatto sognare. Ritiratosi nel 2006, ha messo a segno 69 reti e offerto 55 assist, per un totale di 455 indimenticabili partite.

Sinisa Mihajlovic causa morte

La causa della morte di Sinisa Mihajlovic scomparso oggi 16 dicembre 2022 è una malattia che ha avuto inizio a luglio 2019. Nel dettaglio all’allenatore era stata diagnosticata una forma ormai acuta di leucemia, che lo aveva costretto a lasciare il terreno di gioco. All’epoca a rendere nota la malattia fu il Corriere dello Sport con un editoriale di Ivan Zazzaroni grande amico dello stesso Sinisa Mihajlovic. Una scelta che però vide in disaccordo lo stesso allenatore preso in contropiede dalla notizia diffusa dal direttore del Corriere dello Sport. Successivamente i due si sono chiariti e il rapporto si è ricucito. In tutto questo periodo il Bologna ha onorato il suo contratto in una fase durante la quale si è sottoposto a svariati cicli di terapia. Tornato in forze, seppur decisamente provato, è tornato in ricovero a marzo 2022 per una recidiva per cui purtroppo non è sopravvissuto. Una situazione ripetutasi più volte, lasciando momentaneamente una squadra che non ha mai smesso di seguirlo. A settembre di quest’anno, però, dopo poche gare dall’inizio della nuova stagione, l’annuncio dell’esonero da parte della società rossoblu. La morte di Mihajlovic è avvenuta a Roma, confermata dalla sua famiglia all’ANSA. I suoi cari sono stati al suo fianco fino alla fine. La malattia di Sinisa Mihajlovic che è stata la causa della sua morte è una leucemia mieloide acuta che significa fuori dal linguaggio medico un tumore che oltre al sangue si sviluppa dal midollo osseo progredendo molto rapidamente in tutto l’organismo. Si tratta di uan caratteristica specifica di questa forma di malattia, una velocità di propagazione fuori dalla norma.

Sinisa Mihajlovic polemiche

Non c’è dubbio che la morte di Sinisa Mihajlovic abbia colpito duramente tutti gli amanti del gioco del calcio. Ci si attendono numerose dimostrazioni d’affetto, servizi in memoria di un campione indimenticabile, foto private, omaggi di ogni sorta. Al tempo stesso, però, vi sarà chi ricorderà attentamente l’altra faccia, quella legata tanto alla sua vita privata quanto a quella sportiva. C’è chi parla di Mihajlovic e pensa subito ai suoi legami politici, chi invece va con la memoria alla sua squalifica. Alcuni però, soprattutto giovanissimi, non hanno la minima idea del gran numero di polemiche che lo hanno visto protagonista. Proviamo quindi a fare chiarezza, rispolverano quelle principali. Chiunque abbia seguito e amato la carriera di Mihajlovic ha capito molto presto che non vi era modo di accettarlo in maniera parziale. Tutto o niente. Crescere nel cuore di una guerra non può che lasciare cicatrici molto profonde, modellando la visione del mondo di un giovane ragazzo. Tutte le guerre fanno schifo, diceva, ma quella fratricida nell’ex Jugoslavia è quanto di peggio possa capitare. La sua casa è stata devastata dal suo migliore amico. Il fratello di sua madre, croato, era pronto a uccidere a mani nude suo padre, perché serbo. Stava per essere ammazzato, ma gli trovarono addosso il suo numero di cellulare. Ebbe così modo di salvargli la vita.

Interessante capire chi stesse per ucciderlo. Si trattava della Tigre Arkan, passato alla storia per i suoi crimini di guerra. Il suo vero nome era Zeljko Raznatovic, divenuto grande amico di Mihajlovic, che non lo ha mai rinnegato: “Ha fatto cose orrende e non le condividerò mai. Non posso però rinnegare un rapporto che fa parte della mia vita e di ciò che sono stato”. La guerra e i suoi orrori non hanno mai del tutto lasciato la sua mente, il che lo ha spinto in minima parte a difendere Milosevic, sottolineando la necessità di difendere la propria patria sotto attacco. Tensioni che lo hanno accompagnato per tutta la carriera. Definito razzista dopo aver rivolto alcuni epiteti a Patrick Vieira, al tempo all’Arsenal (nel 2000). Nel 2003 venne invece squalificato per 8 giornate dopo uno sputo rivolto a Mutu, calciatore al tempo del Chelsea. Molti anni dopo i due si sono chiariti e Mihajlovic ha ammesso le proprie colpe. In quell’occasione lanciò anche una bottiglietta contro un delegato UEFA dopo l’espulsione. Dalle parole pronunciate a quelle subite, come quelle di un agente che, poco prima della finale di Coppa Italia tra Lazio e Atalanta, lo aveva offeso pesantemente, chiamandolo “zingaro di m***a”.