La storia vera di American Woman, chi è Deb Callahan nella realtà e perché il regista odia il titolo del suo film
Fin dalla comparsa sul grande schermo, ci si è chiesto se American Woman è una storia vera oppure no e chi è nella realtà Deb Callahan, interpretata da Sienna Miller nel film di Jake Scott. La pellicola è ambientata in Pennsylvania, in una piccola cittadina nella quale tutti si conoscono. È il 1998 e Deb Callahan, la protagonista, è una giovane madre single, chiamata a occuparsi di Bridget, la sua figlia adolescente, che è rimasta incinta molto giovane e ha da poco partorito il suo bambino. La vita è difficile e riuscire a superare quella rabbia ben ancorata dentro sembra impossibile. La vita scorre tra sofferenze, fatica, problemi economici e discussioni, ma non manca l’amore che provano l’una verso l’altra, il che consente loro di andare avanti, giorno dopo giorno, come possono. Deb prova a fare di tutto per sua figlia, aiutandola a essere una buona madre, occupandosi di suo nipote, così da consentire alla neo mamma, ancora adolescente, d’avere qualche momento di svago, necessario alla sua età. Una sera Bridget esce con il padre di suo figlio, Tyler, chiedendo a Deb di fare da babysitter. Una serata come tante ma il giorno dopo Bridget non c’è, non è mai tornata a casa e non vi è più traccia di lei da nessuna parte. Deb denuncia subito la scomparsa di sua figlia e ha così inizio una ricerca disperata, che durerà ben undici anni, fino alla scoperta della verità.
Deb Callahan chi è nella realtà
Il regista Jake Scott ha parlato del suo film e dell’ispirazione che si cela dietro la sua scrittura. Il pubblico non può che chiedersi chi sia Deb Callahan nella vita reale e se American Woman è una storia vera o meno. Usiamo qui le sue parole per sollevare il vero e rispondere a ogni curiosità. Alle spalle della pellicola c’è il gran lavoro dello sceneggiatore Brad Inglesby, che ha scritto American Woman partendo da una storia vera, quella di una donna del sud della California, che aveva sofferto l’uccisione di sua figlia, ma non per questo aveva deciso di mollare, andando avanti. Non si tratta di una vicenda che ha avuto grande risalto a livello internazionale, tutt’altro, avendola scovata su un giornale locale di San Diego, ma ha colpito molto lo sceneggiatore. Quella donna fece pressioni per poter avere un confronto con il killer, così da fargli delle domande per riuscire in qualche modo a ricucire alcune delle ferite profondissime nel suo cuore. Il regista si è messo nei panni di quella madre, avendo a sua volta tre figlie, e ha sentito il bisogno di raccontare questa storia, costruendo il personaggio da zero, in pratica, offrendo sfumature differenti e più universali, ma salvaguardando quella necessità di andare avanti e continuare a lottare. Piccola curiosità riguarda il titolo, American Woman, che il regista definisce un errore. C’è chi ha pensato si volesse far riferimento al fatto che le donne americane siano destinate a soffrire, mentre altri ci hanno visto una sorta di omaggio, come a dire che siano diverse e in qualche modo più forti. Il titolo non lo ha scelto lui e ha definito inadeguato chiunque abbia avuto quest’idea, perché American Woman è generico e offensivo, spiega, suggerendo che fosse necessario un punto di vista americano, quasi a volersi auto attribuire importanza. Non era intenzione del regista “escludere” le donne del resto del mondo e anzi avrebbe voluto offrire una storia universale, e questo “marchio” brucia molto.