La storia vera della famiglia Corleone che ha ispirato la fiction in onda su Canale 5 con Rosa Diletta Rossi e Fortunato Cerlino
Promette di essere più accattivante di Rosy Abate, il personaggio di Maria Corleone interpretato nella fiction di canale 5 da Rosa Diletta Rossi, una donna che non riesce ad allontanarsi dalla criminalità organizzata perché il richiamo del sangue la spinge oltre quello che nemmeno poteva immaginare. Se la trama è completamente inventata dagli sceneggiatori e si discosta dalla storia della famigli Corleone nella trilogia de Il Padrino, potremmo dire che Maria Corleone è in parte una storia vera perché nonostante gli eventi narrati non siano fatti realmente accaduti, non possono che non essere ispirati alla criminalità attuale come sottolineato dall’attore Fortunato Cerlino nella conferenza di presentazione della fiction di canale 5. Più che i fatti di cronaca e di sangue, la serie di Tao Due in quattro puntate punta a raccontare il dramma interiore di una donna che non riesce a cambiare vita e a soffocare i suoi istinti criminali, pur consapevole di aver intrapreso la strada sbagliata. Stesso discorso si può fare per la famiglia Corleone, infatti per quanto i film de Il Padrino possano essere sembrati autentici a critici e fan, non erano basati su una vera famiglia mafiosa.
Maria Corleone la realtà: la famiglia
L’ispirazione per Don Vito Corleone proveniva però da mafiosi esistiti. Tra coloro che hanno contribuito a costruire il personaggio iconico della trilogia c’è Carlo Gambino: era un siciliano emigrato da solo negli Stati Uniti da giovane e diventato rapidamente un “uomo fatto” nella mafia. Come Vito, anche Gambino è salito a capo di un’associazione criminale, la Commissione della mafia americana. Nonostante gli oltre 50 anni di carriera criminale, è riuscito a evitare la prigione, scontando solo una condanna a 22 mesi per evasione fiscale. Guidò la commissione dal 1959 fino alla sua morte, avvenuta il 15 ottobre 1976, quando, proprio come Don Vito Corleone, morì per un attacco di cuore. Un altro personaggio che rappresenta per certi versi la storia vera di Maria Corleone è quella di Joe Bonanni, chiamato anche con il colorito soprannome di Joe Bananas. Era un altro immigrato siciliano diventato boss della mafia americana e faceva parte del gruppo mafioso dei “Giovani Turchi”, in guerra con i mafiosi della vecchia guardia, che chiamavano in modo irrisorio “i Peti Baffuti”. Bonnano salì al potere nella famiglia criminale dopo l’omicidio di Salvatore Maranzano.
Quasi un ragazzo prodigio, prese il controllo della sua famiglia all’età di 26 anni, diventando così uno dei più giovani boss di una famiglia mafiosa. A differenza di Gambino, Bonanno non mantenne a lungo il suo posto di potere. Dovette fuggire in Canada nel 1963 dopo il fallimento di un assassinio e proprio come Don Vito esortò il figlio a evitare gli affari di famiglia. Dopo un breve ritorno a New York che portò alla “guerra delle banane”, Bonanno si ritirò definitivamente in Arizona, dove scrisse la sua autobiografia. Il terzo personaggio che ha ispirato Don Vito Corleone, nonno di Maria Corleone, è Joe Profaci che nella realtà usava la sua legittima azienda di olio d’oliva, che aveva un incredibile successo, come copertura per le sue attività criminali. La Mamma Mia Importing Company diede a Profaci una fonte di denaro oltre ai suoi affari illeciti quando la domanda di olio d’oliva aumentò dopo la Seconda Guerra Mondiale, e il suo successo nel campo portò la gente a soprannominarlo il Re dell’Olio d’Oliva. Don Vito aveva un’azienda olearia di successo simile, la Genco Pura Olive Oil Company, avviata insieme al fratello surrogato Genco Abbandando. Infine Frank Costello è il boss mafioso considerato la maggiore fonte di ispirazione per Don Vito Corleone e lo stesso Marlon Brando studiò le registrazioni della sua testimonianza alle udienze del Senato di Kefauver sul crimine organizzato, che furono così pubblicizzate da essere trasmesse nelle sale cinematografiche. Una cosa che distingue Costello dai suoi contemporanei e Don Vito Corleone dalla maggior parte dei gangster cinematografici è la sua avversione per la violenza. L’avvocato di Costello, George Wolfe, disse che il suo cliente era diverso dagli altri boss mafiosi perché “… era civile, rinunciava alla violenza sanguinosa in cui si erano divertiti i boss precedenti”.