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Il Massacro del Circeo è un caso che ha sconvolto l’opinione pubblica italiana negli anni Settanta: quali condanne sono state emesse nel processo

Pochi casi di cronaca nera hanno segnato la storia italiana come il delitto del Circeo, avvenuto alla fine di settembre del 1975 vicino a Roma. I fatti sono noti: due ragazze di 17 e 19 anni, Donatella Colasanti e Rosaria Lopez, si trovarono con tre ragazzi – Gianni, Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira – nella casa di uno di loro a San Felice Circeo, vicino Latina, dove dopo aver resistito ad alcune avances di natura sessuale vennero sequestrate, torturate e stuprate. Rosaria Lopez venne uccisa, affogata in una vasca da bagno, mentre Donatella Colasanti riuscì a sopravvivere facendosi passare per morta. I tre aguzzini la caricarono nel bagagliaio di un’auto assieme al cadavere dell’amica, e abbandonarono poi la vettura in una via di Roma. Facendo rumore per attirare l’attenzione di qualche passante, Colasanti fece sì che un metronotte avvertì le Forze dell’Ordine, che intervennero per liberarla, trovandola in stato di shock. La ragazza rivelò subito ciò che aveva subito, e nel giro di poche ore Guido e Izzo vennero arrestati.

Ma questo tragico avvenimento fu solo solo l’inizio della vicenda del Massacro del Circeo, destinata a durare ancora molti anni, trasformandosi prima in un caso giudiziario capace di calamitare l’attenzione pubblica e mediatica, e poi in un fatto di cronaca nera destinato ricorrere anche nella cultura di massa italiana degli anni a venire. Il delitto del Circeo ha generato negli anni, accuse, sospetti e polemiche, per via degli eventi che anno accompagnato gli sviluppi giuridici della vicenda. I tre colpevoli sono stati tutti condannati in primo grado all’ergastolo, anche se uno di essi, Andrea Ghira, solo in contumacia: mai arrestato, Ghira fece perdere le sue tracce e venne ritrovato solo nel 2005, ormai morto da 11 anni e sepolto sotto falso nome a Melilla, enclave spagnola in Nord Africa. In appello, Gianni Guido riuscì a farsi ridurre la pena a 30 anni, dopo una dichiarazione di pentimento e la decisione di corrispondere alla famiglia di Rosaria Lopez un risarcimento in denaro. Nel 1981, Guido riuscì però a evadere, e tra alterne vicende venne riconsegnato alla giustizia nel maggio del 1994. L’11 aprile 2008 è stato assegnato ai servizi sociali, e il 25 agosto 2009 è stato definitivamente scarcerato, dopo aver potuto usufruire di uno ulteriore sconto di pena di 8 anni grazie all’indulto: al momento, è l’unico dei tre colpevoli del massacro del Circeo ad aver saldato il suo conto con la giustizia. Angelo Izzo, invece, si vede confermare la condanna all’ergastolo in appello, ma nel 1993 riusciì a evadere e venne ripreso a Parigi e riportato in Italia solo qualche mese più tardi. Nonostante questo, nel dicembre del 2004 ottenne la semilibertà dal carcere di Campobasso, così da poter andare a lavorare in una cooperativa. Durante uno di questi permessi uccise, il 28 aprile 2005, Maria Carmela Linciano e Valentina Maiorano, rispettivamente moglie e figlia del pentito di mafia Giovanni Maiorano: il delitto venne attribuito a lui solo due giorni dopo i fatti. Per questo motivo, a Izzo venne revocato il regime di semilibertà e fu emessa una nuova condanna all’ergastolo, poi confermata nei successivi gradi di giudizio. Al momento, è l’unico dei tre colpevoli del massacro del Circeo che si trova ancora in carcere.

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Circeo processo

Il caso del Circeo ha sconvolto l’opinione pubblica italiana dell’epoca, e il processo a Guido, Izzo e Ghira ebbe grande risonanza mediatica. In particolare per la figura di Donatella Colasanti, giovanissima vittima sopravvissuta e testimone unica dell’accaduto, oltre che per quella della sua avvocata, Tina Lagostena Bassi, specializzata nella difesa dei diritti delle donne. L’efferatezza del crimine e il clima sociale dell’epoca fecero sì che molte associazioni femministe si costituirono parte civile, prendendo parte al processo. La sentenza di primo grado fu emessa il 29 luglio 1976, condannando tutti e tre gli imputati all’ergastolo, come abbiamo visto appena sopra. La sentenza d’Appello è invece stata emessa oltre quattro anni più tardi, il 28 ottobre 1980. Successivamente, Tina Lagostena Bassi divenne molto nota grazie al documentario Processo per stupro, mandato in onda sulla Rai nel 1979 e relativo a un altro caso giudiziario dell’anno precedente, in cui l’avvocata difendeva una donna vittima appunto di stupro. Donatella Colasanti è poi morta il 30 dicembre 2005, all’età di 47 anni, a causa di un tumore al seno, senza poter assistere al secondo processo contro Angelo Izzo. Oggi, la sua casa a Roma è divenuta un centro antiviolenza.