La battaglia degli ascolti tra l’iconico Don Matteo di Terence Hill e il nuovo corso inaugurato da Raoul Bova si rivela un confronto più equilibrato di quanto si potesse immaginare. Un’analisi dettagliata dei dati Auditel delle prime puntate delle ultime quattro stagioni rivela numeri interessanti che meritano un approfondimento.
Le ultime due stagioni con Terence Hill (11 e 12) hanno registrato rispettivamente 7.632.000 spettatori (share 31.6%) e il 30,6% di share con 7 milioni di telespettatori. Le prime due con Bova (13 e 14) hanno ottenuto una media di circa 6 milioni di spettatori con il 30% di share e 4.930.000 telespettatori con il 27,8% di share.
Il successo di Bova nel nuovo scenario televisivo
I numeri, apparentemente a favore di Hill, vanno contestualizzati nel nuovo panorama televisivo. L’era di Don Massimo, interpretato da Bova, si scontra con un contesto radicalmente mutato: l’avvento delle piattaforme streaming e la rivoluzione degli smartphone hanno frammentato l’audience tradizionale. Non a caso, “Don Matteo 13” ha registrato una media di 300.000 spettatori per puntata su RaiPlay.
Raoul Bova, in un’intervista a Il Giornale, ha affrontato la questione del confronto con il suo predecessore: “All’inizio tutti si spaventavano più di me. Addirittura mi compativano: ‘Chissà che ansia, il confronto con Terence Hill!’. Ma in realtà io non ho preso il suo posto. Ho semplicemente interpretato un nuovo personaggio”.
La costruzione del nuovo personaggio
La chiave del successo della transizione sta nella costruzione di un personaggio completamente diverso. Don Massimo si presenta con una moto rombante al posto della romantica bicicletta, un disinvolto clergyman invece della tradizionale tonaca, e soprattutto un passato tormentato che lo differenzia nettamente dal suo predecessore.
“La cosa più importante per me era che il mio personaggio fosse totalmente diverso da quello di Terence Hill. Il che vuol dire: imperfetto”, spiega Bova. Il suo Don Massimo porta con sé un passato da carabiniere e un trauma legato alla morte di un bambino durante un’operazione, elementi che lo rendono più umano e vulnerabile.
La dimensione spirituale e il legame con il pubblico
L’attore romano non è nuovo ai ruoli di carattere spirituale. “Anni fa vestii i panni di San Francesco. Non fu una scelta facile: mi mancavano le caratteristiche fisiche per il ruolo, ma da attore, e da uomo, sentivo il bisogno di un personaggio che avesse spessore, e soprattutto spiritualità”, ricorda Bova.
La serie mantiene il titolo “Don Matteo” come omaggio a Terence Hill e per garantire una continuità con il passato. Una scelta che si è rivelata vincente, come conferma lo stesso Bova: “I buoni risultati della scorsa stagione dimostrano che è stata la scelta giusta: il nuovo Don Matteo ha mantenuto lo stesso pubblico fidelizzato del precedente”.
La presenza costante di Nino Frassica ha inoltre garantito un elemento di continuità fondamentale. “Nulla di quello che sta succedendo potrebbe cambiare il mio personaggio. Sono anni che continuo a viverci assieme. Con lui sono stato fresco sposo, padre, vedovo, suocero… forse ora bisnonno”, commenta l’attore siciliano.
Il successo della nuova incarnazione di Don Matteo dimostra come un cambio di protagonista, se gestito con intelligenza e rispetto per il pubblico, possa trasformarsi da rischio in opportunità. La serie continua a mantenere il suo appeal, evolvendosi insieme al suo pubblico e al panorama televisivo contemporaneo.