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Da sempre l’orientamento politico di Oriana Fallaci è stato oggetto di appropriazioni, spesso indebite, da diversi schieramenti politici. A fare chiarezza un interessante articolo de L’indipendente. Scomparsa il 15 settembre 2006 a Firenze dopo una lunga battaglia contro il cancro, resta una delle figure più controverse e influenti del giornalismo internazionale. Con il suo stile diretto e provocatorio, intervistò figure come Henry Kissinger, l’ayatollah Khomeini, Yasser Arafat, Muammar Gheddafi e Giulio Andreotti, guadagnandosi una fama che trascende i confini italiani. Ma dove si collocava politicamente Oriana Fallaci? Destra o sinistra?

La famiglia antifascista

Nata il 29 giugno 1929, in una famiglia antifascista, Oriana fu coinvolta fin da bambina nella Resistenza italiana, portando di nascosto munizioni ai partigiani. Il padre Edoardo Fallaci, iscritto al Partito Socialista, fu arrestato e torturato dalle camicie nere. Questa esperienza temprò il carattere ribelle di Oriana e la sua avversione verso ogni regime autoritario. Nei primi anni della sua carriera, Fallaci sembrava vicina alla sinistra, grazie al suo impegno per la libertà e la giustizia sociale.

Col tempo, il suo pensiero si distaccò da qualsiasi etichetta. Criticò apertamente il comunismo e qualsiasi ideologia dogmatica. Negli ultimi anni, le sue posizioni contro l’Islam e l’immigrazione la avvicinarono alla destra, facendone un’icona per molti movimenti conservatori. La Fallaci ha sempre rifiutato ogni definizione, dichiarando di non appartenere a nessun partito.

La carriera di Oriana Fallaci: dal Vietnam a Khomeini

La carriera di Fallaci iniziò come cronista per giornali locali. Dopo un breve periodo nel mondo della moda e del cinema per Epoca, si spostò a L’Europeo, dove iniziò a scrivere reportage di guerra. Divenne famosa come corrispondente di guerra in Vietnam, raccontando gli orrori del conflitto in Niente e così sia (1969). Fu colpita da proiettili durante il massacro di Tlatelolco a Città del Messico nel 1968, esperienza che documentò con dettagli crudi.

La sua avversione per il potere traspare nei suoi scritti, come in Intervista con la Storia (1974), dove dichiarò di considerare ogni forma di potere come disumana. Scrisse anche Lettera a un bambino mai nato (1975), Un uomo (1979), dedicato al compagno Alekos Panagulis, e la trilogia post 11 settembre: La rabbia e l’orgoglio (2001), La forza della ragione (2004) e Oriana Fallaci intervista sé stessa – L’Apocalisse (2004).

Alekos Panagulis e l’eredità di Fallaci

L’incontro con Alekos Panagulis, dissidente greco condannato a morte per aver tentato di assassinare il dittatore Papadopoulos, e l’intervista con Khomeini segnarono profondamente la sua vita e la sua carriera. La Fallaci, sebbene inizialmente vicina ai valori della Resistenza e della sinistra, rifiutò sempre le etichette. Il suo pensiero critico e le sue battaglie contro l’oppressione la rendono una figura unica, impossibile da incasellare rigidamente a destra o sinistra.

Oriana Fallaci fu, prima di tutto, una voce indipendente, pronta a sfidare il conformismo e a difendere la propria visione del mondo con intransigenza e passione. Anche dopo la sua morte, il suo lascito continua a influenzare il dibattito culturale e politico.