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Nel 2016 è giunto al cinema Perfetti sconosciuti, oggi uni dei film più famosi di Paolo Genovese e, guardando alla cinematografia italiana, delle produzioni nostrane degli anni 2010. Numerosi i remake effettuati negli altri Paesi, con il pubblico italiano come straniero sorpreso dal finale della pellicola.

Come finisce Perfetti sconosciuti? Qual è il significato della conclusione della pellicola ma soprattutto il messaggio psicologico che traspare da questa sceneggiatura?

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Perfetti sconosciuti, trama e cast

Un gruppo di amici si ritrova a cena nell’appartamento romanzo di Eva e Rocco, marito e moglie da tempo in crisi. Lui è un chirurgo plastico, da sempre scettico nei confronti della psicoterapia, lei una psicoanalista dal rapporto conflittuale con la figlia adolescente.

A tavola vi sono i novelli sposi Bianca e Cosimo, i coniugi veterani Lele e Carlotta e Peppe, l’unico non sposato della comitiva, da poco impegnato con la sconosciuta Lucilla. Il tradimento avvenuto in un’altra coppia di amici fa scattare l’idea di un gioco in Eva. Tutti devono posizionare il proprio telefono sul tavolo. I messaggi saranno letti ad alta voce e alle chiamate si risponderà in vivavoce.

Non occorre molto tempo prima che ciò scateni un putiferio, creando profonde crepe nelle maschere che tutti loro indossano quotidianamente.

Ecco il cast di Perfetti sconosciuti:

  • Kasia Smutniak: Eva
  • Marco Giallini: Rocco
  • Valerio Mastandrea: Lele
  • Anna Foglietta: Carlotta
  • Giuseppe Battiston: Peppe
  • Edoardo Leo: Cosimo
  • Alba Rohrwacher: Bianca

Perfetti sconosciuti, finale e significato

Ognuno di noi ha tre vite, una pubblica, una privata e una segreta, come diceva lo scrittore Gabriel Garcia Marquez. Cosa potrà mai accadere quando queste vengono violentemente mescolate? Il film si propone questa domanda e mette in atto un’analisi di svariati aspetti del nostro vivere quotidiano. L’uso dei cellulari è uno dei cardini. Si evidenzia però anche come sia cambiata la nostra comunicazione. L’immediatezza di una chat, che copre all’istante distanze oceaniche, spinge verso nuovi orizzonti, acuisce anche la propensione verso alcune trasgressioni alle regole che ci siamo imposti nei rapporti con gli altri. Come non parlare, poi, della sessualità, ovvero dei differenti modi di viverla proprio attraverso la virtualità.

Molti segreti vengono a galla e la rottura delle maschere fa trovare i commensali nudi. Il groviglio di emozioni diventa ingestibile. Se è vero, infatti, che i cellulari hanno cambiato il nostro modo di comunicare, rendendoci sempre pronti a rispondere, parlare, esprimerci. È evidente come la privacy offerta da questi oggetti tecnologici ci abbia ulteriormente chiusi al dialogo nei confronti di chi abbiamo di fianco.

Ciò vuol dire che spesso conduciamo vite che non conosciamo realmente. Abbiamo in testa immagini di rapporti che sono in realtà ben differenti. Ce ne accorgeremmo se solo ci fermassimo a guardarli, se degnassimo l’altro/a della giusta attenzione.

Nel finale, sorprendente, vediamo tutti tornare a casa come se nulla fosse accaduto. Il gioco di Eva non è mai stato attuato. Nessuno ha scoperto nulla degli altri e i propri segreti sono rimasti ben celati. Ciò perché il film offre una spinta a riflettere ma resta con i piedi per terra. Una situazione di questo genere sarebbe irrealistica. È bene però renderci conto di come viviamo tutti sul ciglio di un burrone. Le bugie che raccontiamo, a noi stessi per primi, confidandoli soltanto all’oggetto costantemente nelle nostre tasche, ci hanno offuscato il giudizio. Il potenziale infinito del virtuale ci stuzzica, evitando il necessario confronto con i drammi del reale. Ma una vita che può cadere a pezzi a causa di un trillo, è degna d’essere chiamata vita?

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