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Tutta la luce che non vediamo è un omaggio all’umanità, un incitamento a tenere viva quella fiammella dentro di noi, che arde anche quando il mondo crolla e il nemico ha il nostro stesso volto

Il legame tra libri e serie TV continua a essere particolarmente stretto e soprattutto proficuo. L’ennesima riprova è data da Tutta la luce che non vediamo, progetto Netflix che promette di far parlare di sé. Una miniserie al via in streaming sulla celebre piattaforma dal 2 novembre, originariamente creata da Anthony Doerr, se parliamo dell’opera letteraria. Ben altri nomi, invece, alla guida dello show. Per la regia è stato scelto Shawn Levy, tra i più rilevanti produttori e registi di Hollywood degli anni Duemila. La sua filmografia vanta titoli come La Pantera Rosa, Una notte al museo, Notte folle a Manhattan, Real Steal, Free Guy, The Adam Project e, in cima all’elenco, otto episodi di Stranger Things. Impegnato al fianco di Ryan Reynolds per la terza volta in 3 anni sul set di Deadpool 3, ha firmato la regia di queste quattro puntate per Netflix. Della sceneggiatura, o per meglio dire dell’adattamento del romanzo in uno script televisivo, si è occupato invece Steven Knight, per tutti il padre di Peaky Blinders. È bene sottolineare, però, come la sua carriera non nasca e finisca con la celebre serie britannica. In qualità di sceneggiatore ha infatti lavorato a progetti come La promessa dell’assassino di Cronenberg, Locke con Tom Hardy, e Spencer con Kristen Stewart. Messe le cose in chiaro sulla rilevanza del progetto, possiamo iniziare a parlarne nel dettaglio.

Tutta la luce che non vediamo, trama e cast

Nel parlare di Tutta la luce che non vediamo un po’ tutti sottolineano come si tratti di un racconto struggente. Ciò però potrebbe distogliere alcuni dalla visione. Si tratta di un periodo globalmente molto probante, dunque perché cimentarsi in questa visione sofferta? La risposta è semplice: la bellezza. Lo spettatore viene posto dinanzi a una storia suddivisa in quattro capitoli, che mira a proporre amori di vario genere, destinati a incrociarsi in vari modi. Il tutto in un’atmosfera mesta, a dir poco, quella della guerra. In un periodo, ben lungo, nel quale ogni speranza sembra persa e l’umanità qualcosa di assolutamente banale, da rigettare per sopravvivere, ecco un’opportunità di recuperare almeno un briciolo d’innocenza.

Considerando ciò cui stiamo assistendo, che ci devasta l’animo, Tutta la luce che non vediamo rappresenta una sorta di salto in una dimensione parallela. La storia è quella di Marie-Laurie, interpretata da una giovanissima attrice, Aria Mia Loberti. Il personaggio è quello di una ragazza cieca fin da bambina, costretta a lasciare Parigi sotto la stretta nazista. L’occupazione dell’esercito di Hitler spinge suo padre Daniel, interpretato da Mark Ruffalo, a fare di tutto pur di salvarla. Decide così di portarla lontano. Il pericolo non è rappresentato soltanto dai tedeschi, infatti, ma anche dagli aerei americani che bombardano indiscriminatamente. Marie-Laurie prova ad allontanare quei rumori di devastazione e morte, leggendo nella propria soffitta alcune pagine di Ventimila leghe sotto i mari. Li trasmette alla radio, il che è un codice che suo padre e suo zio Etienne, ovvero Hugh Laurie, le avevano chiesto di seguire per portare avanti la resistenza disperata contro i nazisti, anche in loro assenza. Lei si aggrappa a questo compito, che dà senso alla sua vita. Si fa coraggio e prosegue, in una casa che potrebbe crollare su di lei da un momento all’altro. È sola ma continua a leggere. È terrorizzata ma decide di dar seguito alla promessa fatta alla sua famiglia. Si rivolge a suo padre e suo zio, come se potessero ascoltarla, pregando che stiano bene lì fuori. Intanto dall’altra parte della città un ufficiale tedesco la ascolta e si lega a quella voce, che rappresenta l’unico momento di verità rimasto in quella valle desolata. Il suo nome è Werner ed è interpretato da Louis Hofmann. Grazie alla giovane lettrice anonima, riesce a evadere dall’incubo nel quale è precipitato, suo malgrado. Trascinato al fronte contro il suo volere. Il tutto a causa di una dote: la capacità di maneggiare le radio. È così divenuto un membro indispensabile dell’esercito di Hitler. Non per questo, però, privo di emozioni e contrario a questo massacro insensato. Un insieme di vicende, che si alternano in un complesso (non troppo) sviluppo temporale. L’amore lega tutto e tiene insieme questa storia, che tende all’incontro atteso tra i due protagonisti, che proseguono le rispettive vite su binari paralleli, ma altrettanto terrificanti.

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Tutta la luce che non vediamo, recensione

Tutta la luce che non vediamo è un’analisi dell’animo umana davvero commovente, in grado di portare sul piccolo schermo numerose sfaccettature. La guerra è un orrore posto sullo sfondo che, come vediamo purtroppo, potrebbe vedere differenti schieramenti, Paesi ed epoche chiamate in causa. Il risultato non cambia. Ciò che conta è riuscire a restare aggrappati alla propria umanità. Resta viva la fiammella dell’amore in un padre che realizza un modellino della città, così che sua figlia cieca possa conoscerla a suo modo, attraverso il passare delle dita. L’amore è vivo in una sorella terrorizzata all’idea che suo fratello rischi la vita, trascinato al fronte, ascoltando radio straniere nel cuore della notte, contro le direttive del Reich. C’è poi l’amore di due giovani che si incontrano e, in un lampo, riconoscono le proprie affinità, mentre il mondo precipita ancora una volta. Non è un progetto che guarda alla guerra. Questo dev’essere chiaro. L’orrore è un pretesto, nient’altro. Come detto, lo sfondo avrebbe potuto essere qualsiasi. Ciò che conta in Tutta la luce che non vediamo è l’analisi dei legami umani, che consentono di restare vivi e non soltanto ombre intente a seguire gli ordini. Per questo la ricostruzione storica può non risultare eccellente ma rientra nel novero di sfondi smussati e ombreggiati, al fine di far risaltare maggiormente il focus, riassumibile nelle parole di Marie Laurie, che ripete alla radio senza stancarsi: “La luce dura in eterno, mentre l’oscurità non arriva a durare neanche un secondo quando accendete la luce”.