Nella fiction Circeo in onda su Rai 1 la vera storia del massacro del 1975. Come è morta Donatella Colasanti a 47 anni dopo essere scampata agli assassini
Nella fiction Circeo in onda su Rai 1 è raccontata la vera storia di Donatella Colasanti oggi morta. La narrazione segue il punto di vista di Teresa Capogrossi, interpretata da Greta Scarano (Suburra, Speravo de morì prima, Nuovo Olimpo): si tratta di un personaggio di fantasia, creato appositamente per ragioni televisive, che nel corso della miniserie rappresenta l’avvocata dell’unica sopravvissuta al massacro del Circeo, esistita realmente, vittima e testimone chiave del mostruoso caso di cronaca. Dopo il processo, oramai trentenne la Colasanti è diventata una nota attivista contro la violenza sulle donne, antesignana di un movimento attualmente ancora di grande attualità. Donatella del massacro del Circeo di lavoro ha fatto l’artista, dipingendo quadri e scrivendo canzoni. Nonostante si sia impegnata a non lasciare spazio alla fobia per gli uomini, per quanto riguarda la vita privata della superstite presente anche nella miniserie di Rai con Greta Scarano, ha dovuto rinunciare all’amore. Non si è mai sposata, Donatella Colasanti non ha mai avuto marito e figli perché purtroppo non ha avuto tempo. È stata colpita da una dura malattia che non è presente nelle fiction Circeo per una scelta ben precisa, si è voluto mostrare la sua eredità che ha lasciato ai posteri. Il suo motto era legato all’importanza di battersi per la verità ed poco prima di spegnersi aveva detto di essere felice. Aveva, a suo dire, il dovere di essere serena perché aveva avuto la fortuna di salvarsi a differenza della sua amica 17enne Rosaria Lopez affogata nella vasca da bagno della villa dove aveva subito ogni tipo di violenza. Donatella Colasanti è morta il 30 dicembre del 2005 a causa di un tumore al seno a soli 47 anni di età.
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Circeo Rai 1 Donatella Colasanti chi era
Nella miniserie Circeo è interpretata dall’attrice 23enne Ambrosia Caldarelli (Attenti al gorilla, Vivi e lascia vivere), e nella realtà è stata suo malgrado la grande protagonista di un caso di cronaca nera che ha sconvolto l’Italia degli anni Settanta. Donatella Colasanti era una ragazza di 17 anni, nata a Roma nel 1958, studentessa del liceo all’epoca dei fatti e figlia di una famiglia che viveva nel quartiere popolare della Montagnola, nella Capitale. Era una adolescente dell’epoca nessun grillo per la testa, una passione per i film gialli e tanta voglia di vivere. Nel settembre del 1975, assieme alla sua amica Rosaria Lopez, di due anni più grande di lei e che all’epoca dei fatti lavorava in un bar della Capitale, conobbe due ragazzi di agiate famiglie romane: Angelo Izzo e Gianni Guido, i cosiddetti Pariolini. Il contatto era avvenuto tramite un amico comune in un bar dell’EUR, sempre a Roma, e lì i due ragazzi invitarono le ragazze a una festa che si sarebbe tenuta la sera del 29 settembre a Lavinio, vicino Anzio, a casa di un loro amico. Quella sera, portarono però le ragazze alla villa di un altro loro amico, Andrea Ghira, a San Felice Circeo. Lì, le due ragazze rifiutarono categoricamente le avances sessuali dei tre, che le minacciarono con una pistola e le tennero sequestrate per un giorno e una notte. Durante questo periodo, le ragazze furono drogate, picchiate e stuprate, e infine Rosaria Lopez venne annegata nella vasca da bagno. Donatella Colasanti riuscì a sopravvivere perché si finse morta: i tre ragazzi la chiusero, assieme al cadavere dell’amica, nel bagagliaio di una Fiat 127 bianca, che poi lasciarono in viale Pola, nel quartiere romano Trieste. Alle 22.50 del 30 settembre, un metronotte chiamò i Carabinieri dopo aver sentito dei rumori provenire dal bagagliaio della vettura, e così le forze dell’ordine trovarono Donatella Colasanti, viva ma in stato di shock. Aveva riportarlo diverse ferite gravi e la frattura del naso, con prognosi di oltre trenta giorni, oltre a gravi danni psicologici da cui non si riprese mai del tutto. Izzo e Guido furono arrestati subito, mentre Ghira riuscì a rendersi latitante. Assistita dall’avvocata Tina Lagostena Bassi, Donatella Colasanti fu la testimone chiave del processo, che si concluse con la condanna a 30 anni dei due responsabili. Per tutta la sua vita, la donna ha raccontato la sua storia in varie interviste, e ha spesso chiesto che Izzo venisse messo in isolamento, dopo aver ricevuto delle minacce di morte. Izzo fu invece liberato nel 2005, e successivamente uccise altre due donne: dopo questo caso, Donatella Colasanti accusò chi aveva permesso la scarcerazione del suo aguzzino. Non riuscì mai ad assistere al secondo processo contro Izzo, però, e morì a soli 47 anni, il 30 dicembre 2005, a causa di un tumore al seno. Fino alla sua morte, ha sostenuto che le ossa rivenute nel 2005 a Melilla, e che un test del DNA aveva attribuito ad Andrea Ghira, non fossero realmente dell’assassino. Nel 2020, la casa di Donatella Colasanti è stata trasformata in un centro contro la violenza sulle donne, mentre il Comune di Latina ha istituito un premio artistico dedicato alla sua memoria.