Con A Murder at the End of the World si segna il ritorno di Brit Marling e Zal Batmanglij, per la gioia di chi già li ama, e forse pochi altri: la recensione
A Murder at the End of the World è l’ultima creatura della coppia composta da Brit Marling e Zal Batmanglij. La dimostrazione di come non diremo mai addio all’amatissima Miss Marple, in tutte le sue possibili declinazioni. Su Disney+ il lancio di questa nuova serie, in 7 episodi, è avvenuto il 14 novembre. Un giallo che sa mescolare all’elemento mistery anche il fantascientifico, che oggi è sempre più realtà. Si introduce l’argomento intelligenza artificiale e lo si rende cruciale, mescolandolo ovviamente a quelli che sono gli effetti di un’umanità distorta. Da The OA a A Murder at the End of the World, Brit Marling e Zal Batmanglij tornano, stavolta su FX, per la gioia di chi adora le loro atmosfere, qui esaltate da un’ottima colonna sonora.
A Murder at the End of the World trama
Le premesse sono molto semplici, perché la coppia di creatori mira a raggiungere il più ampio pubblico possibile, puntando sul true crime, che sta vivendo l’ennesimo periodo di esaltazione e rinascita. Attraverso questa chiave di lettura, si offre una visione su altre tematiche più alte, proposte in vario modo e adattate a un gusto moderno. Brit Marling e Zal Batmanglij sanno perfettamente cosa vuole il pubblico, ma soprattutto in che modo. Una stessa storia può essere raccontata in infiniti modi differenti, o quasi, ma scegliere quello giusto segna la distanza tra cult e flop. Un miliardario innamorato di sé invita nella propria lussuosa e decisamente remota struttura alcuni ospiti. Uno di loro perde la vita poco dopo e, nell’incredulità generale, la protagonista Darby inizia a indagare, sollevando il velo su un mistero che travolgerà tutti.
A Murder at the End of the World recensione
Da una parte abbiamo Emma Corrin, ovvero Darby, e dall’altra Clive Owen, che interpreta il miliardario Ronson. Due personalità poste l’una contro l’altra e, al tempo stesso, due generazioni ben differenti. Per quanto non vi rientri perfettamente, anagraficamente parlando, Corrin offre la parte di una Gen Z. Un elemento non di secondaria importanza, tenendo conto dello stile comunicativo tenuto dalla produzione. La sua appartenenza a questo gruppo è un voluto campanello per una certa fascia di spettatori ma, al tempo stesso, è un profondo elemento di fastidio. Non è soltanto una giovane donna, è una Gen Z e c’è differenza in ciò. Si ha la sensazione di voler cavalcare il concetto dell’estrema sensibilità di questa generazione rispetto a tutte quelle che l’hanno preceduta. Percepiscono le cose in maniera totalmente differente, e lo stesso dicasi per Darby, la cui linea investigativa è frutto quasi di una sensazione.
Ronson è un magnate della tecnologia, che vive i propri giorni nell’ossessione della fina del mondo. L’idea di poter vivere per sempre è qualcosa che aleggia in questa serie. L’intelligenza artificiale che domina la scena ne è una rappresentazione ben chiara. Insieme con sua moglie Lee, il miliardario ha deciso di invitare numerosi soggetti speciali, tra scienziati, artisti, attivisti e non solo, per riuscire a trovare una soluzione per impedire la fine del mondo Spazio anche per Darby, che è un’investigatrice e hacker, e il suo ex Bill Farrah, perché è la tensione amorosa a smuovere il mondo e l’interesse del pubblico di massa. Basti pensare a chi quasi pretende una storia tra Carmen e Sydney in The Bear, e credo d’aver detto tutto. L’attenzione dell’utente è tenuta viva attraverso differenti colpi a sorpresa e un’apprezzabile messa in scena. Non si esce mai realmente dagli schemi standard di questa narrazione, al di là degli elementi che specifici che la contraddistinguono in questo show. Si richiede però allo spettatore di non partecipare alle indagini, non fino in fondo almeno. Non si tratta di un caso della Christie in piena regola. Non si ottengono tutti gli elementi, alla pari di Darby, che è in grado di sfruttare una sua potenzialità nascosta. Sa percepire bugie e sincerità con l’empatia. In questo si gioca ad armi impari e viene decisamente meno il gioco di prendere parte alla scoperta. C’è da stare seduti comodi, godersi la qualità della messa in scena e accettare le percezioni dell’investigatrice. Tanti personaggi, ai quali si aggiunge Ray, l’intelligenza artificiale in grado di evolversi autonomamente, amorevole e sinistra allo stesso tempo, ma priva di una reale personalità. Tutti affollano la scena e hanno necessità di spazio, seppur minimo, il che costringe a deviazioni narrative che fanno calare il ritmo nel corso degli episodi. In questo la serie è altalenante. Ciò non peserebbe tanto in fase di binge watching, ma il discorso cambia, quando occorre attendere per il prossimo step risolutivo. Dialoghi a volte pesanti, ricerca ossessiva di toni cupi mai spezzati da elementi d’ironia e soprattutto durata ececssiva. Un pacchetto regalo perfetto per chi adora la coppia Brit Marling e Zal Batmanglij, ma che fatica a raggiungere il cuore di un pubblico leggermente più ampio.