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In Briganti, la serie italiana del momento sulla piattaforma di Netflix, appaiono molti personaggi esistiti realmente, come ad esempio Carmine Crocco

L’epopea del briganti del Meridione dopo l’Unità d’Italia rivive oggi nella nuova serie di Netflix con Michela De Rossi, Ivana Lotito e Matilda Lutz. Briganti è una delle rivelazioni di queste settimane sulla più nota tra le piattaforme di streaming, mescolando serie storica e genere western all’italiana con grande maestria. Inoltre, il pubblico si sta anche appassionando alle storie reali dietro i personaggi dello show, molti dei quali sono realmente esistiti. Tra questi c’è anche Carmine Crocco, il bandito interpretato da Salvatore Esposito. Storicamente, si tratta molto probabilmente del più noto brigante italiano di epoca risorgimentale. Crocco era il capo indiscusso delle bande del Vulture, la zona settentrionale della Basilicata, ma il suo potere pare si estendesse anche ad altri gruppi armati dell’Irpinia e della Puglia. Era stato, in gioventù, un umile bracciate, nato nel 1830 a Rionero in Vulture, vicino Potenza. In seguito entrò nell’esercito borbonico, ma dopo l’Unità d’Italia si diede alla macchia. In pochi anni arrivò a comandare oltre 2.000 uomini, compiendo assalti ed agguati molto efficaci e ben studiati, che gli valsero il soprannome di “Napoleone dei Briganti”.

La vita di Carmine Crocco è stata molto movimentata, ed ebbe già problemi con la legge sotto i Borbone, venendo arrestato. A quel tempo riuscì però a evadere e successivamente si unì ai Mille di Giuseppe Garibaldi, partecipando alla presa di Napoli: la sua speranza era quella di ottenere un’amnistia per i proprio crimini, ma in seguito le cose andarono diversamente, e così si diede appunto al brigantaggio.

Carmine Crocco l’arresto e la popolarità

Nei primi anni Sessanta dell’Ottocento, quando orami era braccato e si era rassegnato a trattare la resa, in cambio di un trattamente di favore per sé e i suoi uomini, Carmine Crocco venne tradito e arrestato dalle truppe dello Stato Pontificio. Venne processato in Italia nel 1870 e condannato a morte, ma infine la sentenza venne commutata in carcere a vita presso la prigione di Portoferraio, sull’isola d’Elba. Qui, Crocco ebbe modo di scrivere le sue memorie, che contribuirono a dargli in seguito grande notorietà. Morì in carcere nel 1905, all’età di 75 anni. La figura è divenuta molto popolare nel corso del Novecento, e a lui sono stati dedicati documentari, film di finzione (tra i più noti, Il brigante di Tacca di Lupo di Pietro Germi, del 1952), romanzi, spettacoli teatrali e anche canzoni (Il brigante Carmine Crocco, per esempio, è un brano del 1980 dei Musicanova).