La seconda stagione di Fiori sopra l’inferno, fiction Rai tratta dai romanzi di Ilaria Tuti, ruota attorno a un mistero affascinante e inquietante: il quadro della Ninfa Dormiente. Dipinto con sangue umano e risalente al 1945, il ritratto sembra racchiudere segreti e tragedie. Ma esiste davvero un quadro del genere nella realtà? E qual è il legame tra il topos della ninfa dormiente e la trama avvincente della serie? Facciamo un tuffo tra mito, arte e letteratura per svelare cosa c’è dietro questa affascinante ispirazione.
Prima di rispondere alla domanda, facciamo un po’ di chiarezza. Il quadro della Ninfa Dormiente descritto nella fiction è frutto dell’immaginazione dell’autrice Ilaria Tuti, ma non è un’invenzione senza basi storiche o letterarie. Il topos della ninfa dormiente, infatti, ha radici molto antiche, affondando le sue origini nella mitologia classica e nelle rappresentazioni artistiche di epoche successive. Dai miti di Arianna fino ai romanzi medievali, l’immagine della donna addormentata è stata ripresa e reinterpretata in vari contesti, sempre con quel fascino enigmatico e velato di mistero.
La Ninfa Dormiente: mito o realtà?
Uno dei “prototipi maggiori” del topos della ninfa dormiente, secondo la studiosa Monica Centanni, è proprio il mito di Arianna. Abbandonata da Teseo sull’isola di Nasso, Arianna viene trovata addormentata da Dioniso e il suo corteo. Questo tema, legato alla vulnerabilità e al fascino dell’abbandono, è stato rappresentato in innumerevoli opere d’arte, tra cui sarcofagi risalenti al II secolo d.C. dove la figura della donna dormiente è centrale. L’idea di una bellezza fragile, incastonata in un momento di quiete sospesa tra la vita e la morte, è diventata un simbolo potente, capace di attraversare i secoli.
Nel Medioevo, il topos della ninfa dormiente subisce una trasformazione. Le figure ninfali classiche lasciano il posto a fate e figure femminili dai tratti simili, presenti soprattutto nei romanzi del ciclo bretone. Pensiamo, ad esempio, alla celebre fiaba de La bella addormentata nel bosco, una storia che affonda le sue radici proprio nel Medioevo, in testi come il Roman de Perceforest. Qui, la fanciulla addormentata è soggetta allo sguardo innamorato di una figura maschile che la risveglia, creando un legame tra amore, desiderio e mistero.
Anche Boccaccio riprende questo immaginario nel Decameron. Un esempio lampante è la novella di Cimone ed Efigenia, dove la bellezza addormentata diventa simbolo di purezza e desiderio, ma anche di un segreto da svelare. La figura della ninfa, quindi, si evolve e si adatta al contesto culturale e artistico del momento, mantenendo però quella sua aura di enigmaticità e vulnerabilità.
Il giallo di Fiori sopra l’inferno: l’ispirazione dietro il quadro
Ma come si collega tutto questo alla fiction Rai e al romanzo di Ilaria Tuti? Beh, è qui che la storia diventa ancora più interessante. Sebbene il quadro descritto nella serie non esista nella realtà (tranquilli, nessuno dipinge quadri col sangue… speriamo!), è evidente che l’autrice abbia tratto ispirazione da questo antico topos. La Ninfa Dormiente, nella fiction, non è solo un’opera d’arte; è un enigma, un tassello di una storia più grande che collega le vicende di una donna uccisa a misteri lontani nel tempo.
La serie, diretta da Davide Marengo, vede protagonista Elena Sofia Ricci nei panni della commissaria Teresa Battaglia, affiancata da un cast di attori di talento come Giuseppe Battiston, Andrea Sartoretti e Margherita Laterza. La presenza di un cast così solido dà vita a un racconto avvincente che tiene incollati gli spettatori.
Il legame tra il quadro e la morte della poliziotta Marta Trevisan, infatti, si sviluppa in una trama intricata, dove la bellezza addormentata del dipinto nasconde verità scomode e segreti terribili. È come se Ilaria Tuti avesse deciso di riprendere quell’immagine di fragilità e trasformarla in un elemento chiave per costruire un mistero che va oltre le apparenze.
L’idea di una figura femminile addormentata, vulnerabile ma al tempo stesso potente nella sua immobilità, ha sempre affascinato l’arte e la letteratura. Che si tratti di Arianna, delle fate dei romanzi medievali o delle eroine boccacciane, questa immagine evoca una sorta di incantesimo, un momento sospeso tra il sogno e la realtà, tra la vita e la morte. Nella fiction, la Ninfa Dormiente diventa il simbolo di un passato oscuro, di un segreto che attende di essere svelato.
Non è difficile immaginare che Ilaria Tuti si sia ispirata proprio a queste suggestioni antiche per creare il mistero alla base della trama. Il quadro non è solo un’opera d’arte, ma una chiave per comprendere un intreccio di eventi che si snodano tra passato e presente, tra vita e morte, proprio come nella tradizione del topos.
Certo, ci sono state opere nella storia dell’arte che hanno rappresentato scene crude o macabre, ma il quadro della fiction rimane una suggestione narrativa, un espediente perfetto per costruire tensione e coinvolgere il pubblico. La bellezza della Ninfa Dormiente nella fiction è proprio questa: un’immagine potente che affonda le radici in un immaginario collettivo, capace di trasportarci indietro nel tempo e, allo stesso tempo, di tenere incollati gli spettatori alla trama avvincente della fiction.
Quindi, esiste davvero la Ninfa Dormiente? No, non nel senso specifico descritto nella fiction, ma esiste un topos antico e affascinante che l’autrice ha saputo reinventare magistralmente. È un esempio perfetto di come la fiction possa prendere elementi della storia e della mitologia e trasformarli in qualcosa di nuovo, capace di emozionare e intrigare allo stesso tempo.
Se state seguendo la seconda stagione di Fiori sopra l’inferno, adesso sapete che dietro alla Ninfa Dormiente si nasconde molto più di un semplice quadro. Chissà quali altri segreti Teresa Battaglia riuscirà a scoprire… perché, diciamocelo, se c’è qualcuno capace di sbrogliare questi misteri intricati, è proprio lei!