Nel dibattito sempre acceso sulle questioni di genere nella società italiana, Hoara Borselli, ex showgirl divenuta opinionista politica e giornalista, ha sollevato una polemica significativa attraverso le sue dichiarazioni sui social network. Al centro del dibattito, il doppio standard, a suo dire, di certe correnti femministe riguardo alla rappresentanza femminile in posizioni di potere.
L’occasione è stata fornita dalle recenti polemiche sulla composizione del podio del Festival di Sanremo, criticato per l’assenza di artiste donne nelle prime cinque posizioni. Borselli ha colto l’opportunità per evidenziare quella che considera un’incongruenza nel movimento femminista italiano: “Le femministe, o coloro che si definiscono tali, quelle che oggi si lamentano del podio di Sanremo perché privo di quota rosa, sbaglio o sono le stesse che non hanno festeggiato quando una donna è salita al vertice del potere?”.
Una sorta di provocazione nei confronti di quello che lei vede come femminismo di parte che viene meno quando si tratta di una donna premier di destra. Come sempre accade il pubblico si è diviso tra chi è d’accordo con lei e chi no. Gravi gli attacchi alla Borselli sei soliti hater che non rispettano la libertà di opinione.
Hoara Borselli e Giorgia Meloni
La giornalista fa riferimento all’elezione di Giorgia Meloni come prima donna Presidente del Consiglio nella storia della Repubblica Italiana, un evento che, secondo Borselli, non ha ricevuto il giusto riconoscimento da parte di certi ambienti femministi. “È stata la risposta concreta a tutte quelle sterili battaglie ideologiche portate sempre avanti dalla sinistra sulle quote e sulle vocali al femminile,” ha affermato con decisione in passato a Il Giornale.
Nel suo ragionamento, Borselli evidenzia come nell’ambiente della destra italiana la questione di genere venga affrontata con un approccio differente: “A destra non se ne è mai parlato perché non interessano i generi ma le persone con le loro competenze.” Un punto di vista che trova la sua massima espressione proprio nella figura di Giorgia Meloni, che ha scelto di farsi chiamare “il Presidente“, scelta linguistica che Borselli difese con convinzione.
Il cambiamento di Hoara Borselli
La carriera di Borselli stessa rappresenta un interessante caso di evoluzione professionale nel panorama mediatico italiano. Nata a Viareggio nel 1976, ha iniziato come modella per poi attraversare diverse fasi: attrice in produzioni televisive come “Un medico in famiglia” e “CentoVetrine”, vincitrice della prima edizione di “Ballando con le stelle” nel 2005, fino ad approdare al giornalismo politico. Dal 2019, è diventuta una presenza costante nei talk show politici più seguiti, da “Non è l’arena” a “Quarta Repubblica”, mentre dal 2020 scrive per testate come il Secolo d’Italia, Il Tempo e Il Riformista.
Sulla leadership di Meloni, Borselli ha espresso spesso giudizi estremamente positivi: “Da subito ha dimostrato di essere entrata perfettamente nel suo ruolo da Leader. Piglio fermo, deciso, poche parole. Trasmette quella sicurezza tipica di chi ha le idee molto chiare. Si percepisce la sua voglia di guidare al meglio questa Nazione con determinazione.”
Particolarmente critica è la sua posizione sulla questione linguistica legata al termine “Presidente”: “Una polemica frutto di quella deriva politicamente corretta che è a mio avviso dannosa ed insopportabile. La battaglia portata avanti dalle femministe sulle vocali è la perfetta mortificazione della donna. E la Meloni ha dato un forte schiaffo a questa ipocrisia.”
Interrogata sul perché le donne di sinistra non abbiano raggiunto posizioni di reale potere, Borselli in passato ha offerto un’analisi tagliente a Il Giornale: “Si sono concentrate di più sull’ideologia che sulla concretezza. Troppo concentrate a festeggiare per una tampon-tax o per il cognome della donna prima di quello dell’uomo, senza accorgersi che nel frattempo c’era una donna che, senza perdersi in queste banalità, stava scalando la vetta.”
Un nuovo femminismo
Le dichiarazioni di Borselli si inseriscono in un più ampio dibattito sulla natura e gli obiettivi del femminismo contemporaneo in Italia. La sua critica mette in luce una frattura ideologica profonda tra diverse concezioni dell’emancipazione femminile: da un lato, chi persegue politiche di quote e parità formale, dall’altro chi, come Borselli, sostiene che il vero empowerment femminile passi attraverso il merito e le competenze individuali, indipendentemente dalle questioni di genere.
Questa posizione, che trova in Giorgia Meloni il suo esempio più evidente, propone un modello di leadership femminile che non cerca legittimazione attraverso le battaglie tradizionali del femminismo, ma attraverso l’affermazione diretta nel campo politico e professionale. Un approccio che, secondo Borselli, ha dimostrato la sua efficacia proprio con l’ascesa di Meloni al vertice del governo italiano.